18 Gennaio di Marianna Balducci
Spesso si sa, il segreto è nei dettagli. Chanel forse lo capì per prima e, se per l'abbigliamento la stilista pioniera dava grande importanza agli accessori, l'arredamento d'interni trova il suo corrispondente nei complementi. Una lampada, un quadro, una poltrona, possono quindi diventare veri e propri protagonisti di stile, agenti di una personalizzazione potenzialmente illimitata.
Katie Thompson, designer sudafricana che ama il confronto con il translate to enjoy, scorge la possibilità di attingere da cantine e solai, che celano sovente oggetti dai materiali preziosi, tagli artigianali e finiture di alto livello, quasi fossero miniere inesauribili per reinventare il contesto abitativo in modo originale, poetico ed inimitabile. Prende vita così una proposta creativa all'insegna di un valore che fa la differenza: l'unicità.
Si tratta di una serie di elementi d’arredo, misteriose creature indefinite, mutanti impolverati, un pò pezzi di design un pò piccoli Frankenstein: valigie e bauli delle nonne d'inizio novecento o degli anni '50 divengono scrigni custodi di poltroncine e divani rinforzati all'interno da strutture in acciaio, rivestiti di tessuti floreali pregiati, stampe arazzo, tessuti liberty o 70's con particolari dipinti a mano. Una poltrona/valigia per viaggiare quando si è comodamente rilassati tra le quattro mura domestiche, per essere comodi quando si è in viaggio: se in questi oggetti rintracciamo infatti tutta la suggestione di peregrinazioni in paesi lontani e in tempi ormai perduti, allo stesso tempo vi ritroviamo la comodità di sedute agilmente trasportabili.
La ricerca della designer non si esaurisce però nell'ibridazione di queste poltrone-valigie, il suo genio creatore si rivolge anche a casse di whisky e bidoni del latte che vengono trasformate in tavoli e sgabelli. Il rito alchemico è davvero inesauribile e applicabile a qualsivoglia elemento: ci sono formine per biscotti, ombrelli e candelieri che risorgono dalle loro ceneri come vasi, paralumi e vassoi per tazzine.
Insomma, come affermava Gene Wilder in Frankestein Junior: “Si Può fare!”, il gioco del design reinterpretativo funziona, carica vecchi oggetti ormai dimenticati di un nuovo sapore dadaista contemporaneo dall'effetto indiscutibile. E' oramai assodato: riuso e sostenibilità non inibiscono creatività e gusto, li stimolano!
Andrea Camarda
re-creature
Mercoledì, 19 Gennaio 2011 21:42:00
di: eleonora ghidoni - 2 Commenti
un'impressione appena ho visto le
foto: gli oggetti, in particolare la valigia divano -ma anche il cabaret candeliere- sembrano essere sul punto di prendere vita. non è che magari di notte iniziano a muovere "braccia" e "gambe" ?
a parte la battuta, credo che l'originalità di questa artista sia forse quella di avere accostato mondi così lontani che non hanno parentela, come Frankestein cercava di accostare il mondo della vita con il mondo della morte ... qui per fortuna si tratta di
"interventi" innocui !
complimenti per l'articolo e per la scelta del soggetto davvero non comune
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